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Alla scoperta del Cilento segreto

Il Cilento è una terra antica e per molti versi ancora selvaggia. Questo angolo di Campania custodisce gelosamente tanti piccoli segreti e luoghi nascosti, piccoli tesori che offrono ai più curiosi e avventurieri tra i turisti esperienze e scorci indimenticabili. Tra i sonnacchiosi paesi e le verdi e placide vallate si celano tesori nascosti in una natura selvaggia. La storia diventa meraviglia e la natura diventa avventura in quello che è in tutto e per tutto un Cilento inesplorato.

Di seguito troverai 11 posti meno conosciuti del Cilento, ma tutti da scoprire.

Roccagloriosa

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A cavallo tra il golfo di Policastro e la valle del Mingardo, Roccagloriosa racchiude un piccolo tesoro. Il paesino è solo all’apparenza uno dei tanti che caratterizzano la vallata. Oltre trent’anni fa la scoperta del più importante sito Lucano ha riscritto la storia del Paese. Abitato fin dall’età neolitica nel III sec a.C. sulla montagna dove ora sorge Rocca c’era una fiorente città Lucana. L’antica popolazione dell’Italia Meridionale prosperava in questa città grazie agli scambi con la vicina Elea. Gli scavi della necropoli hanno portato alla luce il maggior numero di reperti e ci hanno riconsegnato intatti favolosi corredi funerari in oro. Il grado di civiltà e raffinatezza raggiunto dai misteriosi Lucani è testimoniato dai favolosi corredi funerari: specchi, fibule e i famosi bracciali serpentiformi che oggi sono custoditi nei due Antiquarium Comunali.

La Pietra del Mulacchio sul Monte Stella

Pietra del Mulacchio monte stella cilento

La storia del Cilento è spesso monopolizzata da Paestum e Velia. Per importanza storica e archeologica i due siti incantano giustamente i visitatori di tutto il mondo. Ma celato dalla vegetazione sulle montagne, un ancora più remoto passato attende solo di essere riscoperto, dimenticato dai cilentani e ignorato dai turisti!

Ogni solstizio d’Inverno il miracolo del Sole che rinasce tra le pietre si perpetua indisturbato sul Monte Stella. Qui sorge un antico calendario del III millennio avanti Cristo che le popolazioni proto Appenniniche avevano eletto a Santuario. “La Pietra del Mulacchio” (o “Preta ru’ mulacchio“) a prima vista sembra solo un ammasso di rocce, ma avvicinandosi si realizza fin da subito di come non sia lì casualmente, non sia il prodotto dell’erosione di secoli, ma che assomigli piuttosto ad un gigante che racchiude un segreto. È un Menhir, una pietra eretta dall’uomo primitivo e astronomicamente orientata per collegare cielo e terra nel momento più buio dell’anno e scandire il passaggio delle stagioni. I greci arrivati millenni dopo attribuirono la favolosa costruzione a Ercole, mentre con l’avvento del cristianesimo la pietra fu inglobata nella via processionale alla Cappella della Madonna della Stella. Il nome significa “pietra del figlio illegittimo”. La credenza popolare, preservando il ricordo dell’antica conoscenza celata in queste pietre, vi attribuiva poteri di fertilità.

Antece

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Costa Palomba, nel massiccio degli Alburni, è uno dei siti più misteriosi del Cilento. Sulla sua sommità, l’immagine di un guerriero con lancia e scudo scolpita su un costone roccioso di quasi due metri si staglia fiero a custode della vallata. Dopo più di 2000 anni ancora oggi la popolazione del luogo lo chiama “ANTECE” (antico o l’antenato) riconoscendo in quella figura qualcosa di arcaico, ma a cui si è in qualche modo collegati. Partendo da Sant’Angelo a Fasanella si raggiunge la cima della montagna tramite un sentiero che alterna boschi e prati. Arrivati in cima si apre una visuale panoramica che arriva fino al mare. Il guerriero è parte di una struttura più ampia andata perduta, si scorgono cinta murarie e un’aria sacra con alcuni pozzi rituali. L’antico popolo dei Lucani aveva costruito qui una roccaforte di cui il silenzioso guerriero era la Divinità Tutelare. Le indagini archeologiche hanno rivelato che, molto prima dei Lucani, il sito fosse già frequentato da popolazione preistoriche, portando alla luce utensili riferibili perino all’uomo di Neanderthal (40.000 a.C.). Il sito quindi sarebbe rimasto un luogo sacro per millenni fino all’arrivo dei Romani. Chi si spinge fino qui sopra ha davvero l’impressione di essere arrivato in luogo speciale.

Grotta di San Michele Arcangelo a Sant’Angelo a Fasanella

grotta sant angelo a fasanella cilento

L’antica grotta presso il comune di Sant’Angelo a Fasanella, nel cuore del Parco, è stata abitata fin dalla preistoria. Con l’arrivo dei Longobardi fu trasformata in santuario rupestre, dedicato al santo protettore di questo popolo guerriero: l’Arcangelo Michele. La leggenda vuole che il principe Manfredo, seguendo il suo falcone nella fenditura della roccia abbia scorso le ali dell’Arcangelo che rimasero impresse sulle pareti della grotta a eterno ricordo del miracolo avvenuto. Con i monaci Benedettini affreschi, statue, sepolture, maioliche e altari barocchi sono andati a impreziosire la grotta, armonizzandosi con la pietra, con le stalattiti e le stalagmiti. Nel corso dei secoli arte e natura si sono fuse assieme creando un tutt’uno che offre al visitatore uno spettacolo unico nel suo genere.

Grava di Vesalo

grava di vesalo cilento

La Grava di Vesalo è un profondissimo inghiottitoio naturale creatosi nel corso dei millenni per la corrosione della roccia calcarea. La cavità infatti è costituita da un doppio pozzo di 43 e di 100 metri che termina in una galleria caverna in cui il Torrente Milenzio scorre impetuoso creando uno spettacolo di cascate e pozze. Il verde dei boschi di faggi spicca brillante sulle pareti bianche delle rocce calcaree lasciate nude dall’erosione dei secoli. Il sentiero per visitare la Grava parte da Laurino, attraverso il ponte medioevale si addentra nella fitta vegetazione seguendo il corso del fiume Calore. Dalle sorgenti del Gorgonero, un affluente del fiume, si sale fino a raggiungere lo Scanno del Tesoro, un alto costone roccioso, antico covo di briganti. Da qui si apre la profonda valle di Vesalo con la voragine della Grava e offre uno spettacolo senza paragoni sogno di tutti gli speleologi d’Europa.

Monachesimo Bizantino nel Cilento

badia di pattano

A pochi chilometri da Vallo della Lucania, facile da raggiungere e completamente ignorata dal turismo di massa sorgono i resti della Badia di Pattano. Dedicata alla Vergine HODIGITRIA (che mostra il Cammino) è l’esempio più bello del monachesimo bizantino nel Cilento. Nell’VIII secolo d.C. i monaci Basiliani in fuga dalle persecuzioni iconoclastiche dell’imperatore Leone III Isaurico ripararono qui e diedero vita a monasteri, eremi e santuari in cui finalmente le immagini sacre poterono trovare una nuova casa. Se dell’antica badia rimangono solo mura perimetrali e campanile, è la connessa chiesa di San Filadelfo con i che sorprende per i suoi affreschi. Tre cicli di pitture, dal X al XIV sec, che costituiscono splendidi esempi di arte bizantini in Italia. Nel museo diocesano sono custoditi i reperti provenienti dalla chiesa tra cui la preziosa statua lignea del Santo ancora perfettamente conservata.

Proseguendo sul sentiero di San Basilio si incontra San Mauro La Bruca. Il paese moderno sorse attorno a un eremo bizantino e nella chiesa principale è ancora possibile godere dei bellissimi e singolari affreschi della cupola con la Madonna incoronata da Cristo e dalla Trinità. Da non dimenticare una visita alla cripta con gli antichi affreschi del martirio di Santa Eufemia recentemente restaurati. Nella vicino San Nazzario infatti sorgeva il monastero più importante del meridione, dove prese i voti e operò san Nilo prima della fondazione di Grottaferrata.

La grotta-santuario Madonna della Neve sul monte Cervati

madonna della neve cervati

La leggenda vuole che la Madonna della Neve sia sempre stata in questo luogo, celata nel profondo di una piccola grotta sulla cima del monte Cervati, il più alto della Campania. Qui la trovò un cacciatore seguendo una colomba e braccato da un branco da lupi. La notizia del ritrovamento fece presto il giro dei paesi e la cappella naturale con la miracolosa icona divenne oggetto di venerazione. Si può salire dal comune di Sanza o da Piaggine, la natura selvaggia e i fenomeni naturali regalano una sorpresa dopo l’altra rendendo la salita una piccola avventura. La folta vegetazione dopo la “piana del Pero” lascia lo spazio solo alla nuda roccia e al silenzio regalando panorami di rara bellezza. Non molto distante si trovano la così detta “nevera”, inghiottitoi carsici depositi di neve perenne. Se siete nei paraggi alla fine di luglio non potete perdervi la singolare festa della Madonna della Neve di Sanza. Da millenni, i devoti nella notte del 25 luglio portano a spalla attraverso i boschi una copia lignea della madonna fin sul monte Cervati. Qui risiederà per 10 giorni fino a quando all’alba del 5 agosto verrà riportata in processione per dare solenne inizio alla festa patronale.

Oasi di Morigerati

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L’Oasi di Morigerati è uno di quei luoghi dove l’uomo non sembra mai arrivato. Arrivando da Caselle in Pittari si raggiunge il comune di Morigerati. Scendendo una lunga gradinata che parte dal castello medioevale si scende nel profondo canyon scavato dal fiume Bussento, che dopo 4 km di percorso sotterraneo ritorna in superficie creando un paesaggio e un microclima unico al mondo. La biodiversità di questo luogo ha fruttato il riconoscimento di oasi WWF come patrimonio mondiale unico nel suo genere. La vegetazione varia scendendo verso le grotte passando da lecci a muschi, da felci fino a 27 specie di orchidee spontanee che crescono solo qui. Il percorso di trekking naturalistico parte da Morigerati e arriva fino alla grande grotta alta 20 metri dove è possibile attraversare il fiume su un ponte di legno. Un equilibrio perfetto tra fauna e flora, acqua e rocce di fronte a cui si può rimanere solo attoniti spettatori.

Teggiano

foto teggiano dallalto
Foto: Michele Tropiano

Teggiano si staglia su uno sperone roccioso che domina il Vallo di Diano. Racchiusa nelle sue mura medioevali, incute ancora oggi timore e rispetto. Il suo castello, il preferito dai Principi di Salerno, aveva fama di essere inviolabile e durante i numerosi assedi diede prova di esserlo davvero. Fu proprio tra queste mura che i San Severino ordirono la congiura dei baroni contro il Re di Napoli. Il centro storico è ancora caratterizzato da stradine medioevali (le CARRARE in dialetto locale), portali e stemmi di famiglie nobili: testimonianze dell’importanza che Teggiano, o Diano come era chiamata nel medioevo, ricopriva come centro economico e culturale. Ad agosto 3 giorni di festa celebrano con fasto e accuratezza storica l’antico passato della città rievocando il matrimonio della principessa Costanza di Urbino con il Principe di Salerno. La parata storica che rievoca il corteo nuziale che accompagnò la principessa data in sposa al Signore di Diano, riempie il centro storico del paese tra specialità enogastronomiche medioevali e giocolieri di strada e per tre giorni l’anno Teggiano torna all’antico splendore.

Il ponte di Laurino

Laurino è uno di quei posti in cui il Cilento Antico è ancora vivo. Il suo glorioso passato si scorge nei resti di questo borgo che nel medioevo era il centro più popoloso del Cilento interno. Ai piedi dall’abitato si incontra il ponte medioevale a dorso d’asino. E’ negli anni oscuri del medioevo che è stato costruito questo stupendo gioiello della tecnica che l’immaginazione popolare, nella sua incredulità, attribuì all’opera del Diavolo. La passeggiata che da Laurino porta al ponte ripercorre il sentiero dei mercanti medioevali che seguivano la via del Sale e del Grano fino al paese e degli anacoreti insediatisi nella zona agli albori del cristianesimo, la cui capostipite Elena santa e patrona di Laurino (530 a.C.) è ancora viva nel fervore e nella devozione popolare.

Rafting sul Tanagro

I viaggiatori più avventurosi non possono farsi mancare una delle esperienze più adrenaliniche che il Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e Monti Alburni possa offrire: il rafting sul fiume Tanagro. Il fiume, lungo 92 km nel tratto che va da Auletta a Padula segue ancora il suo percorso naturale e grazie alle acque sotterrane provenienti dalle Grotte dell’Angelo diventa ancora più impetuoso, una serie di piccole cascate e anse più tranquille. Il verde della vegetazione che incornicia splendidamente questi 5 km di fiume, rende la discesa in gommone una vera avventura. Le stesse acque impetuose alimentano “il Velo della Sposa” la cascata naturale più alta d’Italia, altro spettacolo imperdibile.

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