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S.Giovanni a Piro, Santuario Pietrasanta.

San Giovanni a Piro

San Giovanni a Piro, perla tra colli e mare

A sovrastare regalmente il fascinoso Golfo di Policastro, dall’alto della sua prorompente posizione, è il paese di San Giovanni a Piro. Amorevolmente cullato dalle pieghe delle sinuose colline, tra lo sguardo protettivo del dolomitico Monte Bulgheria, alle sue spalle, e la lucente e rassicurante melodia del mare che gli si apre davanti. A completare la suggestività del comprensorio comunale sono le due frazioni: il “ribelle” borgo collinare di Bosco e l’elegante marina di Scario.

Panoramica-San-Giovanni-a-piro
Panoramica su San Giovanni a Piro

Prepotentemente ricco in termini paesaggistici e ambientali, incastonato tra il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e l’Area Marina Protetta Costa degli Infreschi e Masseta, il forte appeal turistico del territorio di San Giovanni a Piro non è dettato solo dal mare e dalla limpida vivacità dei suoi colori, che sfumano cristallini da una caletta all’altra, sotto la libera leggerezza dei gabbiani in volo, irrobustendosi di intensità se lo sguardo ne squarcia le profondità fino alle brune e floride praterie di posidonia sottostanti.

Costa della Masseta
Costa della Masseta

San Giovanni a Piro custodisce con orgoglio ciò che resta del complesso bizantino di San Giovanni Battista, fondato, intorno all’anno Mille, dai monaci italo-greci provenienti dall’Epiro. Fu uno dei più fiorenti per ricchezza patrimoniale e culturale, con la più ampia autonomia giurisdizionale sia nel campo spirituale che in quello temporale. Uno dei pochi a conservarne ancora oggi la solidità architettonica della Chiesa e della sua torre merlata, alta circa 15 metri ed eretta a scopo di difesa e di avvistamento sul mare.

A Bosco, “il paese della libertà”, i vicoli sembrano narrare ancora oggi la rivolta dei suoi abitanti contro il tirannico potere borbonico, consumatasi nel giugno del 1828 con una feroce repressione inferta dal generale Del Carretto. Il piccolo borgo collinare viene dato alle fiamme per tre volte, raso al suolo e cancellato per sempre dall’Albo dei Comuni “per tirannica vendetta combusta, perché prima spiegò il tricolore”. Lo spirito libertario e la laboriosa tempra della sua umile gente spingono il pittore José Garcia Ortega, allievo di Picasso, ad eleggerlo come proprio paese dell’anima, dove trascorrerà gli ultimi vent’anni della sua vita, lasciandovi un ricco patrimonio pittorico.

A Scario, laddove le onde e le barche oggi solcano il mare, centomila anni prima regnavano stambecchi, cervi, caprioli, bisonti, mentre negli anfratti calcarei della Costa della Masseta aveva trovato una sistematica dimora l’uomo preistorico. A testimoniarne la sua costante presenza è la mandibola di un bambino neandertaliano di 3-4 anni rinvenuta nella Grotta della Molara: il secondo rinvenimento europeo più importante.

Una eclettica identità, quella del Comune di San Giovanni a Piro, che si propone come uno scrigno di tesori artistici, storici e culturali in attesa di essere meglio riscoperti e apprezzati.

Tra i bagliori bizantini di San Giovanni

Frammento di affresco del Cenobio di San Giovanni Battista
Frammento di affresco del Cenobio di San Giovanni Battista
Torre presso il Cenobio di San Giovanni Battista
Torre presso il Cenobio di San Giovanni Battista

Siamo a San Giovanni a Piro. Il Cenobio di San Giovanni Battista si estende in località Ceraseto, così chiamata per la grande quantità di alberi di ciliegio un tempo esistenti. La sua fondazione risale all’anno 990 ad opera dei monaci bizantini provenienti dall’Epiro (coincidente con l’odierna Albania), che avrebbero ricevuto i suoli direttamente dai principi longobardi di Salerno. Durante il periodo di suo massimo splendore, ad esso fecero capo importanti personalità culturali del tempo, fra le quali il cardinale Bessarione e l’umanista Teodoro Gaza.

A questa Abbadia apparteneva la celebre stauroteca di scuola bizantina, oggi nel Duomo di Gaeta, cui fu donata nel lontano 1534 dal Cardinale Tommaso De Vio. Si tratta di una piccola croce pettorale in oro, decorata su entrambe le facce con smalti policromi. Come tante altre croci orientali, ha i bracci verticali più lunghi di quelli orizzontali e il braccio inferiore più lungo di quello superiore. Sul lato anteriore appare l’immagine di Gesù Crocifisso, mentre su quello posteriore, al centro della croce, in posizione dominante, vi è la figura della Vergine in piedi, che tende le mani in avanti tenendo i gomiti stretti al corpo, in un gesto poco comune di preghiera. La circondano quattro busti di Santi, ognuno con il proprio nome siglato.

Il graduale decadimento del Cenobio si consumò con le leggi napoleoniche del 1807-08, quando, per effetto della soppressione degli Ordini Monastici, passò al Demanio Pubblico. Fu proprio fra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo che il complesso fu trasformato in cimitero. Oggi, riportato in vita dopo un lungo lavoro di recupero e restauro, che ne ha messo in luce anche alcuni lacerti di affreschi, è fruibile e aperto al pubblico. Al suo interno un museo virtuale ne racconta la storia gloriosa.

Santuario di Maria Santissima di Pietrasanta
Santuario di Maria Santissima di Pietrasanta

Scorgendo tra i rami degli alberi che lo circondano, si impone nitido il Santuario di Maria Santissima di Pietrasanta, costruito verso il 1200 dagli stessi monaci bizantini, che ne curavano il culto e l’amministrazione. Originariamente circoscritto ad una piccola abside semicilindrica, si presenta oggi come un articolato e suggestivo complesso religioso, sospeso su uno sperone roccioso. La statua della Madonna, scolpita nella monolitica pietra del Monte Picotta, rimanda proprio alle caratteristiche classiche dell’iconografia bizantina. Forte e radicata è la fede che lega tutti gli abitanti del comprensorio alla Vergine di Pietrasanta. Una sentita festa religiosa la celebra l’ultimo lunedì del mese di maggio, con una ritualità che non cede al trascorrere del tempo: il pellegrinaggio dei fedeli con le cente votive sulle spalle verso il Santuario, le veglie recitate e cantate, la benedizione del Golfo dall’alto del suo piazzale e la fiaccolata verso la Chiesa Madre fanno parte di una tradizione ancora viva. È una posizione di rassicurante sorveglianza sui devoti, quella del Santuario.

Mentre di indiscusso dominio e di controllo sulla vastità del mare e del suo orizzonte appare essere la posizione occupata dal Pianoro di Ciolandrea, a qualche passo di distanza. Una terrazza che strapiomba sul mare della Masseta, tra i profumi ed i colori della macchia mediterranea e la possenza delle torri costiere di avvistamento e di difesa costruite tra il XVI e il XVII secolo contro le incursioni saracene. Da questa oasi di silenzio e pace la vista spazia tra il Golfo di Policastro e la costa calabro-lucana, fino a spingersi allo Stromboli.

Scario, l’incanto di una costa senza tempo

Porto di Scario
Porto di Scario. Foto Bartolomeo Ruggiero.

A caratterizzare l’eleganza del borgo marinaro di Scario sono le abitazioni con le tinte pastello che si affacciano sul lungomare, tra il rosato Campanile dell’Immacolata e il Rione Sant’Anna. La cappellina dedicata alla santa protettrice, col suo minuscolo campanile, è un tutt’uno con le piccole dimore di pescatori che, aggrappate agli scogli, conservano ancora l’aspetto e i colori di cent’anni fa. Poco oltre, sono il bianco faro e la ciottolosa Spiaggia della Tragara. Oltre quest’ultima, al di là della prima punta, si apre l’immenso arco della Costa della Masseta, con un susseguirsi ininterrotto di spiagge, insenature e piccoli anfratti nascosti tra gli scogli e le rossastre pareti rocciose, raggiungibili con i barconi delle cooperative, mollemente adagiati nel porto di Scario.

Tra le fitte alghe si aggirano indisturbate le murene, mentre si posano sul fondo le stelle e i ricci di mare. A sorvolarne il verde smeraldo delle acque è una varietà poco nota di gabbiano‘u zifaro – più grosso del tradizionale gabbiano bianco e di colore grigiastro. Tra le rupi a picco sul mare, spesso nascosta, vive la Primula Palinuri, adottata come simbolo dal Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. È una pianta particolarissima per la sua bellezza e la sua rarità. Con fiori campanulati riuniti in ombrelle, a corolla gialla, fiorisce tra febbraio e marzo fino a 400 metri sul livello del mare, esclusivamente nel breve tratto di costa tra Capo Palinuro e l’Isola di Dino a Praia a Mare.

La natura carbonatica della costa ha consentito nel tempo la formazione di numerose grotte carsiche, che si affacciano a mare con forme che hanno da sempre alimentato la fantasia popolare. La loro presenza favorì lo stanziamento dell’uomo in tempi preistorici. La frequentazione delle caverne è documentata già nel Paleolitico Inferiore, tra 500 mila e 120 mila anni fa. Aumentò considerevolmente nel Musteriano e continuò fino all’Età del Bronzo (3.700 anni fa). Il freddo periodo glaciale del Würm spinse l’Homo neanderthalensis a cercarvi riparo. Nella Grotta della Molara, ad esempio, sono stati rinvenuti selci scheggiate, ossa di animali ed umane, strati di ceneri di primitivi focolari, la mandibola di un bambino neanderthaliano. Una sufficiente documentazione di questi reperti è presente nel piccolo Museo di Scario, accompagnati da fedeli ricostruzioni paleogeografiche.

Bosco, nel segno dell’arte di Ortega

Piazza Jose Ortega a Bosco
Piazza Josè Ortega a Bosco

A richiamare alla memoria i moti di rivolta del 1828, che qui sono scoppiati per primi nel Cilento, è un grande murale su piastre di ceramica materana, donato dal pittore spagnolo José Ortega (1921-1990) ai suoi abitanti. Le tinte rossastre e cupe dell’incendio, i tratti marcati della disperazione e dell’orrore delle donne, il suono disperato delle campane, il furore eroico dei pochi abitanti, l’impassibile soverchiante sequela degli allineati gendarmi borbonici rievocano la storia di Bosco capoluogo.

targa bosco ortega
Il murale maiolicato di José Ortega sui moti del 1828

L’opera d’arte è il biglietto da visita sia del maestro sia del borgo di Bosco, che così si presentano immediatamente. Realizzata dal “pintor” tra i Sassi di Matera nel 1980, è oggi collocata all’ingresso del paese, nel piazzale dedicato ai martiri dei moti del 1828. Il dipinto, noto come la “Guernica cilentana”, offre un’immagine speculare, rievocando le atmosfere, i colori e le sensazioni dei luoghi in quei giorni di furore e di morte. Seduti sul muricciolo, guardando la serie delle allineate piastrelle dipinte, sembra di rivivere quegli eventi, accompagnati dallo scroscio sotterraneo delle acque della sorgente Sambuco, che sgorga immediatamente al disotto del monumento.

Volgendo lo sguardo più in alto, oltre il murale, oltre le querce, si erge maestoso, con le sue grigie pareti verticali, il complesso calcareo-dolomitico del Monte Bulgheria. Interessante sotto l’aspetto geologico, per la flora e la varietà dei paesaggi, inebriato dal profumo della lavanda che qui cresce spontanea, dai suoi 1225 metri di altezza domina il Golfo di Policastro e il Tirreno.

La sua sagoma è stata scolpita da Ortega in una pietra collocata nel centro della piazza a lui dedicata, davanti alla sua abitazione. Quest’ultima, per la forma, i colori e gli accorgimenti, riporta nel centro storico del piccolo borgo un suggestivo angolo della Mancia, la terra natale dell’artista.

Esule per scelta, antifascista convinto, combattente in nome della libertà, Ortega aderì giovanissimo al movimento antifranchista, partecipando alla guerra civile spagnola. Accusato di sovversione, venne condannato a dieci anni di carcere. Tornato in libertà, si dedicò alla pittura denunciando apertamente nelle sue opere il regime di Franco. Perseguitato in patria dalla polizia, fu costretto a vivere nella clandestinità, fino a quando si trasferì a Matera, e poi a Bosco. Scelse questo borgo contadino perché molto simile a quello della sua infanzia e gli abitanti – poveri, con il viso scurito e indurito dal sole – richiamavano la sua gente e la loro storia ribelle si intrecciava fortemente al suo vissuto. Entrambi avevano lottato coraggiosamente ed eroicamente per l’affermazione dei propri ideali.

Molte delle sue opere sono esposte nel Museo “Casa Ortega” a lui dedicato. L’esposizione pittorica, che si sviluppa su tre piani, ripercorre narrativamente il pensiero e il percorso artistico del pintor, per il quale “l’arte non è passatempo, ma necessità di legge morale, di ordine etico”. La missione sociale della sua arte è ben sintetizzata dal “Decalogo della democrazia”: dieci litografie che invitano al perseguimento continuo della libertà di pensiero e azione, all’esaltazione della democrazia e alla negazione della dittatura. Mentre dieci pannelli in cartapesta raccontano la drammaticità di una guerra civile che, nonostante l’incessante susseguirsi del rosso intenso del sangue e delle smorfie di disperazione, lasciano comunque uno spiraglio di speranza e di fiducia verso un futuro migliore. Le sue opere sono un invito costante all’impegno civile, che vale la pena conoscere e ammirare.

Per Info:

Comune di San Giovanni a Piro – Tel. 0974 983007 

Pro Loco San Giovanni a Piro e Bosco

Associazione Turistica Pro Loco Scario

Cosa fare e vedere a San Giovanni a Piro

Santuario di Maria Santissima di Pietrasanta
Casa Museo di Josè Ortega a Bosco
Cenobio di San Giovanni Battista
Percorsi di trekking verso il Monte Bulgheria e verso il mare
Visita a Scario e alle sue spiagge
Museo ``Centomila anni prima di Scario`` a Scario

Principali eventi a San Giovanni a Piro

Equinozio d'Autunno Festival (luglio-settembre)
Festa della Madonna di Pietrasanta (maggio)
Teatro Sotto La Torre – Rassegna di Teatro Amatoriale a Scario (Settembre)

Dove si trova San Giovanni a Piro

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Laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista, con esperienze maturate nel settore della ricerca sociale, dello sviluppo locale e dell’editoria turistica.

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